Sembra una di quelle Guide Definitive che si trovano su internet (e forse lo è)
Più o meno a cavallo tra la fine e l’inizio di ogni anno faccio una lista di quello che desidero fare nell’anno che sta per cominciare. In quella del 2024 c’era “tornare a insegnare”. E così lo scorso 2 aprile ho tenuto il primo dei due webinar per cui mi ha coinvolta SheTech nell’ambito del progetto Opening Future (il secondo sarà il 26 settembre e si intitolerà “Le parole giuste: cosa vuol dire fare brand storytelling”, per partecipare puoi tenere d’occhio questa pagina). Nel primo ho cercato di condividere i my2cent su come utilizzare il project managament per arrivare in fondo alle nostre to do list, sul lavoro, ma anche no. Sembra il titolo di una di quelle Guide Definitive che si trovano su internet dal 2002 e forse un po’ vuole anche esserlo: io ho deciso di riassumere qui i contenuti di quello che è stato il workshop. La motivazione ufficiale è che magari è utile anche a te (quella vera, invece, è che il punto successivo della mia to do list di inizio anno è “riprendere a scrivere con regolarità sul blog” e non posso di certo predicare bene e razzolare male, no?). Infatti e, allora, iniziamo.
Cosa significa Project Managament e perchè saperlo può fare la differenza
Le parole sono importanti. Non è solo uno dei miei libri preferiti, ma qualcosa in cui credo molto. Per questo, partiamo dalla definizione delle due parole che compongono project management. La prima è progetto, che a me piace definire come quell’insieme di azioni orientate nel tempo al fine di raggiungere un obiettivo concreto e verificabile. Rielaborando il metodo scout, un progetto si costruisce secondo tre fasi: l’osservazione della realtà attuale; il ragionamento che ci porta a dedurre quali sono le azioni con cui possiamo intervenire su di essa; e infine la messa in atto di quelle stesse azioni. Come si fa nel concreto:
- si chiarisce qual è l’obiettivo da raggiungere;
- si identificano gli strumenti per raggiungerlo;
- si identificano i passi e le risorse necessari per raggiungerlo;
- ci si dà un tempo per ogni passo (fasi).
Se intendiamo project come “le cose da fare”, il management è invece “le risorse per farle”. Treccani infatti lo definisce come “Esercizio di azioni orientate a raggiungere il massimo del profitto”. Gli strumenti del project manager sono mappe mentali, to do list, SWOT e SMART analisi, verifica, per la parte di progettazione; e organigramma, work flow, timeline di lavoro e modello GANTT, per la parte di management. Perchè management e non l’italiano “gestione”? Perchè passando all’italiano – dove “gestione” è definita come “amministrazione e modo di amministrare” – perdiamo un aspetto fondamentale che è quello del “massimo del profitto”. Uno degli obiettivi del workshop è stato proprio quello di invitare a chiedersi se tutti gli ambiti che ci troviamo a gestire nelle nostre vite sono necessariamente, e sempre, riconducibili a quello del profitto e, dunque, necessitano di azioni di managament. O se, invece, sarebbe meglio portarli fuori dal meccanismo della peformance e della produttività, perché non appartenenti alla stessa sfera di signficato.
Che tipo di project manager sei?
In uno dei miei primi colloqui di lavoro, la persona che avevo di fronte mi chiese se fossi più un’organizzatrice o una creativa. Io risposti che sono creativa in modo organizzato. Per arrivare in fondo alle nostre to do list, un aspetto fondamentale è infatti conoscersi e capire come organizzarci al meglio. Secondo Umberto Eco, le persone possono essere divise in due categorie sulla base del modo in cui la loro mente gestisce le informazioni. Ci sono così i soggetti monocronici, cioè coloro che lavorano bene solo se cominciano e finiscono una cosa per volta. Non possono leggere ascoltando la musica, non possono interrompere un romanzo per leggerne un altro, altrimenti perdono il filo, al limite non possono rispondere a domande mentre si fanno la barba o si truccano. Poi ci sono invece i soggetti policronici che lavorano bene solo se portano avanti più interessi alla volta perchè se si dedicassero a una cosa sola si accascerebbero oppressi dalla noia. Se ti fermi un attimo a riflettere su quale potrebbe essere la situazione ideale per portare a termine tutte le cose che ti sei prefissata o prefissato di fare, dovrebbe anche apparirti chiaro a quale categoria appartieni: io, come ho iniziato ad inserire anche nelle mie BIO, sono decisamente una persona policronica.
Se invece tu sei una persona monocronica e, finora, per arrivare in fondo alle tue to do list hai applicato metodi pensati per le persone policroniche, o viceversa, – perché te li hanno consigliati, perché li hai trovati in qualche altra Guida Definitiva su internet, perché così funziona da te al lavoro – potresti aver sperimentato una gran fatica, una gran frustrazione e aver identificato la procrastrinazione come uno dei tuoi peggiori difetti.
Come organizzarsi bene e procastrinare altrettanto bene (senza senso di colpa)
Adoro quando Mafe de Baggis ci ricorda che “Il cazzeggio di oggi è il fatturato di domani” (ne avevo parlato anche io qui, ma lei è riuscita a dirlo molto meglio e con molte meno parole). La procrastinazione è un vero e proprio talento – lo dice anche il New Yorker – e in realtà può essere molto utile quando si tratta di risparmiare energie per focalizzarle, poi, in qualcosa che le richiede davvero. Se hai capito di essere una persona monocronica – che quindi si trova bene ad affrontare una singola attività alla volta di quelle che fanno parte della lista di cose da fare – ciò che ti guida è l’urgenza. Per arrivare in fondo alle tue to do list, scomponi ogni cosa nelle attività necessarie per completarla; usa i colori, in base all’urgenza, per distinguere quelle davvero più urgenti da quelle che se anche scalano a domani non muore nessuno; prova il metodo del pomodoro, dove un pomodoro è una sessione di lavoro di 25 minuti seguita da 5 minuti di pausa, dopo quattro pomodori, si fa una pausa lunga e ogni pomodoro corrisponde a una attività; arrivati a questo punto potrebbe essere utile porsi la domanda: hai la certezza di dover necessariamente fare tutto tu? Delegare può essere un unitile strumento per completare la lista delle cose da fare. E, allo stesso modo, anche limitare le distrazioni e spegnere le notifiche, sarà utile per concentrarti su quello che stai facendo.
Se sei invece una persona policronica, che quindi funziona diversamente e si trova maggiormente a suo agio portando avanti più attività contemporaneamente, suddividi le cose da fare presenti nella tua lista per ambito (lavoro, vita privata, casa, ecc.) e per orizzonte temporale (oggi, domani, entro la fine della settimana). Anche tu puoi usare i colori, ma non tanto in base all’urgenza, quanto all’energia che ti richiede ogni attività per essere completata e allocala nella giornata/nella settimana sulla base di quando sai di averne di più. Ogni volta che hai concluso qualcosa segnalo come “fatto” (così che tu abbia sempre sott’occhio il ridursi del tuo carico di lavoro). Anche nel tuo caso, delegare è uno strumento utile per arrivare in fondo alla tua lista di cose da fare, esattamente come programmare le pause, perché sono importanti, e limitare le distrazioni bloccando il tuo calendario.
Tre best practice e digital tools di project management per concludere
Esistono diversi strumenti digitali che costituiscono un valido aiuto nell’arrivare in fondo alle to do list. Esistono, per esempio, molte app utili per gestire i flussi di lavoro: Trello, Google Task, Monday e Asana sono solo le più diffuse. Per definire gli obiettivi è molto utile il metodo SMART, mentre invece per definire le priorità puoi usare la Matrice di Eisenhower: se ti interessano questo tipo di strumenti, a questo link ne trovi altri diciotto. Una volta che arrivi in fondo alle tue to do list, a ogni modo, significa che l’hai fatta! Capire cosa è andato nel verso giusto e ti ha permesso di avere successo, moltiplica positivamente le probabilità che accada di nuovo. Anzitutto dunque, fai una verifica chiedendoti: com’è andata? Cosa potevo fare meglio? Cosa sono stata o stato così brava a fare che la prossima volta lo rifaccio sicuramente? Il nostro cervello tende ad apprendere più velocemente quelle azioni che portano riscontri positivi e che vengono associati ad emozioni altrettanto positive: festeggiare ogni qualvolta raggiugniamo un obiettivo, come arrivare in fondo a una to do list particolarmente impegnativa – pensiamo alla settimana prima di Natale o a quella precedente alla partenza per le vacanze – aumenta la nostra consapevolezza e ci carica di motivazione (ora sì) per il passo succesivo. Infine, condividere con le altre persone coinvolte entrambe le fasi, scambiando feedback , coinvolgendole nella tua festa, aumenta le probabilità che la prossima volta sarà anche più facile.