Come raccontare il tuo brand in modo coinvolgente e memorabile (spoiler: scrivere è l’ultima cosa)
Dopo l’esperienza positiva della scorsa primavera, quando ho condiviso quella che affettuosamente ho chiamato la Guida Definitiva al Project Management Secondo Me, sono tornata a dare consigli non richiesti, di nuovo in un workshop che ho tenuto per SheTech e di nuovo su uno dei miei argomenti preferiti. E cioè, su cosa vuol dire fare brand storytelling.
“Ognuno di noi è le parole che sceglie: conoscerne il significato e saperle usare nel modo giusto e al momento giusto ci dà un potere enorme, forse il più grande di tutti”, Vera Gheno
Cosa vuol dire fare storytelling di brand
Se chiedeste a Chat GPT che cos’è il brand storytelling, cosa che ho fatto, l’intellingenza artificiale risponderebbe che si tratta di una tecnica che consente alle aziende di raccontare la propria storia in modo interessante e coinvolgente. Io aggiungerei che lo scopo di tale tecnica è creare una connessione più profonda con le persone, una vera e propria relazione di fiducia con il proprio pubblico, e a fare la differenza: non solo rendendo il marchio più facilmente riconoscibile, ma rendendolo immediatamente associabile all’impatto che può avere sulla vita delle persone. In altre parole, un po’ più tecniche, il brand storytelling è una strategia di comunicazione che orienta l’identità di un brand (chi sei), il suo prodotto o servizio (cosa fai), i valori che lo muovono (come lo fai), il perché le persone dovrebbero sceglierlo e l’esperienza che ne fanno (perché le persone scelgono proprio te) in modo coerente e memorabile, al fine di creare una relazione con il proprio pubblico che si mantenga nel tempo e nello spazio. E non va confuso con la singola campagna di comunicazione o con la sezione “La nostra storia” che mettiamo alla fine della pagina About del nostro sito: il brand storytelling è la strategia di comunicazione che fa nascere quella campagna o quel testo, è cioè l’universo narrativo che dà loro senso.

Le 5 W del Brand Storytelling: identità, coerenza e valore
Raccontare il proprio brand in modo coinvolgente non solo permette di distinguersi, ma crea anche una connessione emotiva con il pubblico, rendendoci immediatamente memorabili, riconoscibili e, cosa più importante, degni di fiducia. In un mondo pieno di persone, aziende e prodotti, tutti uguali, l’iperspecializzazione, la “nicchia”, non basta più: dobbiamo parlare alle persone di ciò che sta loro a cuore e la nostra attenzione va focalizzata su ciò che ci accomuna e sul cambiamento che possiamo contribuire a creare. Insieme. Così, per capire in che modo inserirlo quando si progetta la propria comunicazione, partiamo dai tre elementi base di ogni brand storytelling fatto bene: identità, coerenza e valore. La brand identity, che è ciò che risulta quando definisci: chi sei – keyword, Tono di Voce, logo e colori ecc.; cosa fai – vision, mission, prodotto, servizio; come e dove lo fai – mercato (dove vuoi essere), canali di comunicazione (dove si trova il tuo pubblico); e perché lo fai – (da) i tuoi valori, (verso) i tuo obiettivi, (per) clienti. La brand experience, ovvero il punto d’incontro tra identità, cioè come ti racconti alle persone, reputazione, cioè come le persone ti conoscono attraverso il tuo racconto, e promessa, cioè quello che le persone si aspettano da te sulla base di identità e reputazione. E, appunto, la brand promise, cioè il valore che ti muove, quello che porti nel mondo e quello che le persone portano nel mondo grazie alla relazione che hanno con te. Un cambiamento di prospettiva che ci porta ad affermare che il vero protagonista di un brand storytelling fatto bene non è tanto il brand stesso, quando il suo pubblico.
Perché le parole sono importanti: il Brand Storytelling per la SEO e non solo
Secondo un articolo apparso nel International Journal of Photography l’anno scorso, il cervello umano si ricorda fino a 22 volte meglio un concetto quando questo è inserito in una struttura narrativa (identità, emozione, valore). Per capire perché le parole sono importanti, parto da qui e dal dire che le parole giuste sono quelle che permettono a un brand di costruire una struttura narrativa coerente e memorabile, al fine di costruire una relazione di fiducia che si mantenga nel tempo e nello spazio. Come ogni narrazione, anche il brand storytelling è una conversazione aperta con il pubblico, che contribuisce all’esistenza di quell’universo narrativo con la sua esperienza. Se le parole che scegliamo di usare per raccontarci, per intraprendere cioè quella relazione, hanno significato solo per noi, significa che non sono quelle giuste.

Le parole sono importanti perché, come scrive Vera Gheno nella frase che ho citato all’inizi e che viene dal suo omonimo libro, le parole che scegliamo o che non scegliamo per raccontarci ci definiscono e definiscono il nostro posto nel mondo. E, nel farlo, ci predispongono alla relazione con le altre persone. Serve allora di fare sempre una selezione, per raccontare di sè nel modo più coerente alla nostra identità e per farci trovare da chi sta cercando un risultato ottenibile solo, o per la gran parte, dall’entrare in relazione con noi. Se pensi alle regole base della SEO, che da vent’anni regolano il modo in cui strutturiamo e scriviamo i testi che pubblichiamo sul web, pieni di parole ricercabili che rendono i nostri testi più trovabili di altri, rendendoli così più meritevoli di attenzione e di valore rispetto a quelli che si trovano più in basso nei risultati, il meccanismo dovrebbe esserti più chiaro. Detto in altri termini, le parole giuste sono quelle che rappresentano un brand, che lo rendono riconoscibile, trovabile e che rendano alle persone possibile raggiungere quello che si sono prefissate.
Come (e dove) trovare le parole giuste per raccontarsi
Ora che abbiamo capito cosa significa fare brand storytelling, vediamo anche come applicarlo nella comunicazione quotidiana e perché è una risorsa utile per chiunque voglia costruire una relazione migliore con il proprio pubblico, utile a raggiungere i propri obiettivi, siano essi di notorietà, reputazione o vendita. Nel scegliere le parole giuste, bisogna tenere presente il proprio Tono di Voce (cioè il registro linguistico che scegli per la tua comunicazione e il calore che ci metti) il pubblico (sono anche le sue parole) e i canali per comunicare (useresti un ditale per svuotare un lavandino?). Dove trovare le parole giuste? Partiamo dal nostro abituale modo di parlare (oppure, stressando un po’ le neuroscienze, nel modo in cui parlerebbe il tuo brand se fosse una personas) nel glossario della professione o del settore di attività, anche in sfere di significato a cui il brand è affine (se il nome del tuo brand è “Giardino”, chiami la tua community “margherite” e vendi “semi”, non chiamerai il tuo prossimo prodotto “Blocco di metallo”, ma è più facile, oltre che conveniente e sensato, che il nome che sceglierai sia legato in qualche modo alla natura, ai fiori e alla coltivazione) oppure in un vocabolario o in un dizionario analogico.
Long Story Short: se il tuo brand storytelling fosse Glen Powell

Cosa significa? Che tu sei sempre tu. E le parole giuste per raccontarti cambiano sulla base di canali, pubblici e obiettivi. In questo modo, sarà molto più facile per le persone non solo entrare in relazione con te, ma anche fidarsi che il tuo brand è proprio quello che gli serve. Ecco, allora, perché prima viene la strategia – identità, coerenza, valore – e scrivere è davvero proprio l’ultima cosa.